Recentemente Shuttleworth ha annunciato i progetti per la versione 14.04 di Ubuntu, la caratteristica che salta subito agli occhi è la volontà di portare la distribuzione anche sui dispositivi che si stanno dimostrando il futuro dell’informatica: i tablet e i cellulari. Un bene? Io non penso.
Iniziamo con il dire che un ampliamento del mercato di questo genere comporterà senza dubbio la necessità di adattare l’interfaccia grafica ai dispositivi con puntamento touch screen. Questo significa dover trovare un compromesso tra la precisione del mouse e l’approssimazione del tocco di un dito. Dubito fortemente che verranno prodotte diverse versioni di Unity per differenziare i mercati, con conseguente inusabilità dell’interfaccia grafica sui “Personal Computer”, ormai dichiarati ingiustamente obsoleti. Devo ricordare la fine che ha fatto Windows 8, con lo screensaver che si disabilita “strusciando” il dito mouse sullo schermo?
Entrando invece in un contesto implementativo io credo (e ci tengo a sottolineare che è solo un mio punto di vista) che ci si stia dirigendo verso un livello di astrazione troppo alto. Come qualsiasi architettura gerarchizzata, come può essere quella di un calcolatore o anche di una interfaccia di rete (vedi OSI), è sempre necessario ripercorrere tutta la piramide per poter raggiungere il “livello zero” dato dallo strato hardware; per fare in modo che uno stesso software possa lavorare su architetture così diverse, come quella di un Personal Computer (i686 – CISC) e quella di un Tablet (ARM – RISC), è necessario o generalizzare le istruzioni, riducendo la simbiosi instaurata con la macchina, oppure salire con il livello di astrazione, creando virtualizzazioni e rallentando necessariamente il sistema.
Per questi motivi io credo che sia necessario mantenere separati questi due mercati. D’altra parte esistono alternative nate e cresciute con il solo obiettivo di affermarsi nel “mondo touch”, non è necessario inquinare questo ambiente con soluzioni ibride.
My two cents.